La
ricostruzione mammaria è un intervento di chirurgia plastica che consente di ripristinare forme compromesse o perdute in seguito ad interventi chirurgici demolitivi (tumorectomia, quadrantectomia e mastectomia per tumore della mammella), traumatismi o malformazioni congenite.
Le tecniche maggiormente utilizzate sono quelle che prevedono l’utilizzo di
protesi mammarie definitive o di espansori temporanei o permanenti, e quelle basate sul trasferimento di tessuto autologo (cioè prelevato dalla stessa paziente) peduncolato o rivascolarizzato microchirurgicamente nell’area ricevente (ricostruzione con lembo miocutaneo di latissimus dorsi, con il muscolo retto dell’addome o con lembo libero TRAM, DIEP, ecc.).
Recentemente sono state introdotte
nuove metodiche meno invasive che prevedono l’utilizzo di grasso proveniente dalla stessa paziente (lipofilling) al fine di ridare vigore ai tessuti compromessi dalla mastectomia e dalla radioterapia e consentire, in un secondo momento, l’inserimento di protesi od espansori.
La fase ricostruttiva può essere eseguita contemporaneamente alla fase demolitiva (ricostruzione immediata), o iniziata 6-12 mesi dopo l’intervento demolitivo (ricostruzione differita).
La
ricostruzione differita è consigliata qualora la paziente debba sottoporsi ad alte dosi di radioterapia o non vi sia l’indicazione tecnica per una ricostruzione immediata.
Per raggiungere il risultato definitivo, però, occorrono
più interventi chirurgici e talvolta è necessario intervenire anche sulla mammella sana controlaterale al fine di ripristinare l’asimmetria mammaria compromessa.
La storia della ricostruzione del seno è strettamente legata allo sviluppo della chirurgia plastica e riflette il progresso nelle tecniche mediche e chirurgiche. La ricostruzione del seno è una procedura complessa che mira a ripristinare la forma e l'aspetto del seno dopo una mastectomia o una tumorectomia , spesso necessarie a causa di un cancro al seno. Ecco una panoramica della sua evoluzione storica:
La ricostruzione del seno ha radici che risalgono alla fine del XIX secolo, quando furono eseguiti i primi tentativi rudimentali di ricostruzione dopo mastectomia. Questi primi interventi erano estremamente limitati a causa delle conoscenze mediche e tecnologiche dell'epoca, nonché delle elevate complicazioni, come le infezioni e il fallimento del trapianto di tessuto.
Uno dei primi tentativi documentati di ricostruzione del seno risale al 1895, quando il chirurgo austriaco Vincenz Czerny eseguì un intervento di ricostruzione su una paziente a cui era stato rimosso un lipoma (tumore benigno) dal seno. Czerny usò un lipoma della stessa paziente come impianto per riempire il vuoto lasciato dalla mastectomia, segnando un primo passo nel campo della ricostruzione mammaria.
Durante la prima metà del XX secolo, i progressi nella chirurgia plastica furono lenti, ma significativi. Negli anni '40 e '50, l'introduzione di tecniche di trapianto cutaneo e l'uso di lembi locali rappresentarono un importante passo avanti. Tuttavia, queste tecniche erano ancora limitate e spesso comportavano risultati estetici insoddisfacenti.
Il grande cambiamento nella ricostruzione del seno arrivò con l'invenzione delle protesi in silicone negli anni '60. Nel 1962, i chirurghi americani Thomas Cronin e Frank Gerow svilupparono la prima protesi mammaria in silicone, che rivoluzionò la chirurgia plastica e la ricostruzione del seno. Le protesi in silicone offrivano un'opzione più prevedibile e esteticamente piacevole per le donne che avevano subito una mastectomia.
Negli anni '70 e '80, le tecniche di ricostruzione del seno si evolsero ulteriormente con lo sviluppo dei lembi miocutanei, come il lembo TRAM (Transverse Rectus Abdominis Myocutaneous), che utilizza tessuto prelevato dall'addome della paziente per ricostruire il seno. Questa tecnica consentiva di utilizzare il tessuto autologo della paziente, migliorando la naturalezza del risultato.
Negli anni '80 e '90, venne sviluppato il lembo DIEP (Deep Inferior Epigastric Perforator), una tecnica avanzata che prevede l'utilizzo di tessuto addominale, simile al lembo TRAM, ma senza sacrificare i muscoli addominali. Questo intervento permette di ridurre i danni muscolari e migliorare il recupero post-operatorio, rappresentando un ulteriore passo avanti nella ricostruzione del seno.
Con l'avanzare delle tecniche chirurgiche, sempre più donne optavano per la ricostruzione del seno bilaterale, specialmente dopo una mastectomia profilattica (preventiva). Allo stesso tempo, le protesi mammarie migliorarono in termini di sicurezza e varietà, con l'introduzione di protesi anatomiche a goccia e di gel di silicone coesivo.
Oggi, la ricostruzione del seno è altamente personalizzata e offre una varietà di opzioni per le pazienti, tra cui l'uso di protesi mammarie, lembi autologhi (come DIEP, TRAM, SIEA), e combinazioni delle due tecniche. La microchirurgia ha consentito la creazione di lembi più complessi, riducendo le complicazioni e migliorando i risultati estetici.
La ricerca continua a migliorare i materiali delle protesi e le tecniche di ricostruzione, con un crescente interesse per le tecnologie emergenti, come la bioingegneria tissutale e l'uso di cellule staminali, che potrebbero rivoluzionare ulteriormente la ricostruzione del seno in futuro.
L'evoluzione della ricostruzione del seno ha avuto un impatto profondo sulla qualità della vita delle donne che hanno subito una mastectomia. Il miglioramento delle tecniche chirurgiche ha non solo permesso di ottenere risultati estetici migliori, ma ha anche contribuito a ridurre il trauma psicologico associato alla perdita del seno, favorendo il recupero dell'autostima e del benessere emotivo.
In sintesi, la storia della ricostruzione del seno è una testimonianza dei progressi nella chirurgia plastica e della continua innovazione volta a migliorare la vita delle pazienti colpite dal cancro al seno.
Il Prof. Mario Dini descrive ad una paziente le indicazioni, le tecniche chirurgiche e il decorso di un intervento di ricostruzione mammaria. Guarda il video!
Prima di procedere all'intervento di ricostruzione mammaria è necessario sottoporsi ad un’accurata visita durante la quale il chirurgo (qualora non fosse già intervenuto in sede di pianificazione dell’intervento di tumorectomia, quadrantectomia o mastectomia), esaminerà la forma e il volume della mammella da operare e di quella controlaterale, la qualità e le caratteristiche dei muscoli e dei tessuti mammari (cutanei, sottocutanei e ghiandolari) nonché le caratteristiche del tessuto da cui ricavare un lembo in caso di ricostruzione con tessuto autologo, allo scopo di individuare la tecnica chirurgica e/o il tipo di impianto (protesi o espansori) che consentano di ricostruire la mammella compromessa e di conferirle un aspetto più naturale possibile. Durante la visita il chirurgo valuterà il vostro stato di salute attuale e pregresso in modo da escludere la presenza di complicazioni (pressione alta, diabete, problemi di cicatrizzazione o di coagulazione) che potrebbero influire sul risultato finale dell’intervento, e vi illustrerà il tipo di impianto o di lembo più indicato per il vostro caso, i rischi e le complicanze associate alle diverse tecniche chirurgiche, nonché i tempi e il numero di interventi necessari al raggiungimento di un buon risultato estetico che possa dirsi definitivo. Vi saranno infine fornite istruzioni precise sull’alimentazione da seguire prima e dopo l’intervento, e sulla possibilità di assumere farmaci, alcool e sigarette.
Esistono numerose tecniche per la ricostruzione mammaria. Le tecniche chirurgiche più usate nelle pazienti mastectomizzate sono:
La scelta della tecnica chirurgica avviene in base alle caratteristiche fisiche della paziente e all’entità dell’intervento demolitivo eseguito o da eseguire.
L’ultima fase della ricostruzione mammaria prevede la ricostruzione del complesso areola-capezzolo. Questa fase segue solitamente di qualche mese gli altri interventi e viene effettuata in regime di day hospital e in anestesia locale.
Le tecniche utilizzate per la ricostruzione del capezzolo sono:
Le tecniche usate per la ricostruzione dell’areola sono:
Questa tecnica ricostruttiva prevede generalmente due distinte fasi chirurgiche.
La prima fase consiste nell’inserimento al di sotto del muscolo grande pettorale di un espansore tissutale (temporaneo o permanente) allo scopo di aumentare il volume dei tessuti soprastanti fino al raggiungimento dell’espansione desiderata.
L’espansore viene solitamente impiantato durante il primo intervento chirurgico al termine della fase demolitiva, e viene parzialmente riempito con soluzione fisiologica in modo da conferire alla regione mammaria un discreto volume già dal risveglio del primo intervento.
Nella seconda fase, che segue la prima di alcuni mesi, l’ espansore viene sostituito con una protesi mammaria definitiva. L’intervento prevede qualche giorno di ricovero e consente di tornare alla propria attività lavorativa, purché poco impegnativa, già dalla settimana successiva.
Generalmente, per ottener un buon risultato estetico è sufficiente il solo posizionamento di una protesi mammaria di forma e dimensioni adeguate, ma talvolta può essere necessario un piccolo ritocco della mammella controlaterale al fine di ottenere un risultato di simmetria ottimale.
Questa tecnica chirurgica non è consigliata in pazienti che necessitano di radioterapia per l’alta percentuale di contrattura capsulare che si verifica a seguito di trattamenti radioterapici.
In questi casi è preferibile l’utilizzo di una tecnica chirurgica ricostruttiva con tessuto autologo sia peduncolato che microchirurgico.
La scelta dell’impianto (protesi o espansore) da utilizzare nella fase ricostruttiva è fortemente condizionata dall’entità dell’intervento demolitvo subito dalla paziente, dagli esiti o dalla necessità di un successivo trattamento radioterapico, dalle caratteristiche fisiche e dai desideri della paziente.
E’ compito del chirurgo plastico scegliere un tipo di impianto che sia adatto alle caratteristiche dei tessuti e alla conformazione fisica della paziente e che consenta di ottenere una mammella più possibile simile a quella compromessa.
Attualmente esistono in commercio diverse tipologie di espansori e protesi che si differenziano per forma, superficie e contenuto.
Gli espansori tissutali sono impianti temporanei costituiti da un involucro espandibile di silicone che racchiude una camera vuota che viene riempita, tramite una valvola, di soluzione fisiologica.
La superficie degli espansori è generalmente testurizzata. La testurizzazione della superficie ha lo scopo di ridurre la reazione capsulare periprotesica e consente inoltre una più rapida adesione al tessuto circostante, impedendo la sua dislocazione.
La forma è a goccia (o anatomica), sia ad alto che a basso profilo e la scelta fra questi impianti, che modificano la proiezione del seno ricostruito, è rimessa alla sensibilità e all'esperienza del chirurgo, tenuto conto anche delle preferenze della paziente.
Da diversi anni le industrie commercializzano espansori a permanenza (definiti anche protesi ad espansione o protesi di Becker) che vengono lasciati definitivamente in loco al raggiungimento dell’espansione desiderata, al fine di evitare l’intervento di sostituzione con la protesi definitiva.
Tali impianti contengono una doppia camera: la camera esterna contiene gel di silicone inespandibile, mentre la camera interna, gonfiabile con soluzione fisiologica, consente di espandere gradualmente la protesi fino al volume desiderato.
Una volta terminata l’operazione di riempimento, la valvola esterna può essere rimossa e l’espansore viene convertito in protesi definitiva.
Nel caso di espansori temporanei, invece, l'impianto deve essere rimosso dopo circa sei mesi dall'ultimo riempimento al fine di posizionare la protesi definitiva. Tale periodo di attesa è necessario affinché i tessuti non ritornino alle dimensioni originali.
Da diversi anni le industrie commercializzano espansori a permanenza (definiti anche protesi ad espansione o protesi di Becker) che vengono lasciati definitivamente in loco al raggiungimento dell’espansione desiderata, al fine di evitare un secondo intervento per sostituirli con la protesi definitiva.
Tali impianti contengono una doppia camera: la camera esterna contiene gel di silicone inespandibile, mentre la camera interna, gonfiabile con soluzione fisiologica, consente di espandere gradualmente la protesi fino al volume desiderato. Una volta terminata l’operazione di riempimento, la valvola esterna può essere rimossa e l’espansore viene convertito in protesi definitiva.
Nel caso di espansori temporanei, invece, l'impianto deve essere rimosso dopo circa sei mesi dall'ultimo riempimento al fine di posizionare la protesi definitiva. Tale periodo di attesa è necessario affinché i tessuti non ritornino alle dimensioni originali.
Le protesi possono avere forma rotonda o con profilo anatomico (a goccia). Alcune protesi, inoltre, offrono diversi gradi di proiezione (basso, medio e alto) a seconda del grado di proiezione che la paziente intende ottenere.
Esternamente, le protesi mammarie possono avere una superficie liscia o rugosa (protesi lisce o testurizzate). Le protesi a superficie liscia hanno un involucro leggermente più morbido e poco percepibile al tatto anche quando vengono posizionate sotto la ghiandola mammaria.
Le protesi testurizzate sono invece un po’ più rigide al tatto, ma vengono preferite da molti chirurghi in quanto vanno incontro a minore “rigetto” (contrattura capsulare). Le protesi utilizzate nella chirurgia plastica ed estetica sono costituite da un involucro esterno di silicone e da un contenuto interno che può essere di gel di silicone o di soluzione fisiologica.
Il gel di silicone è un materiale altamente coesivo e uniforme che pur avendo la morbidezza e la consistenza propria del tessuto mammario, agisce come una sostanza solida permettendo di evitare, in caso di rottura accidentale dell’impianto, la migrazione e la dispersione del suo contenuto all’interno della regione mammaria.
Le protesi con gel di silicone sono disponibili in tre diversi gradi di coesività (morbido, leggermente denso e molto denso) al fine di garantire il massimo livello di resistenza, sicurezza e confort.
Le migliori protesi mammarie sono prodotte da due aziende americane: Mentor, Allergan (ex Mc Ghan) e Silimed e sono le uniche utilizzate nell’ambito della nostra attività chirurgica.
La ricostruzione mediante lembo di gran dorsale è indicata in pazienti che hanno esiti di radioterapia a livello del torace, o che devono effettuare la ricostruzione del pilastro ascellare anteriore o che non possono sottoporsi a ricostruzione attraverso l'uso del lembo TRAM (pazienti obese, o con un'età maggiore di 65 anni, o che hanno subito un precedente intervento di addominoplastica o una precedente ricostruzione con lembo TRAM, o con pregresse cicatrici addominali).
Il chirurgo plastico può optare per questa tecnica chirurgica nel caso di pazienti che hanno una piccola mammella da ricostruire e che richiedono una ridotta quantità di tessuto per un'adeguata ricostruzione.
In questi casi, benché una ricostruzione tramite lembo TRAM non sia controindicata, il chirurgo può preferire il lembo di gran dorsale, per la semplicità, il minor tempo operatorio e le minori complicanze a livello del sito donatore.
Qualora il lembo di gran dorsale non sia sufficiente a ricostruire la mammella compromessa, il chirurgo può prelevare, oltre al muscolo, anche uno strato di tessuto adiposo (lembo di latissimus dorsi esteso), oppure optare per l’inserimento di una protesi.
Il lembo peduncolato miocutaneo del retto dell'addome (TRAM: transvers rectus abdominus myocutaneous flap) è stato uno dei primi metodi di ricostruzione con l'utilizzo di tessuto autologo.
Questo tipo di lembo viene ricavato mediante dissezione di cute, tessuto adiposo sottocutaneo e muscolo retto addominale e viene trasportato attraverso un tunnel sottocutaneo nella regione toracica per ricreare la forma e il volume originari della mammella.
Questa tecnica chirurgica non è indicata per pazienti magre che possiedono una quantità limitata di tessuto addominale da poter trasferire o per pazienti precedentemente sottoposte ad interventi chirurgici in cui sono state sezionate le arterie toraciche interne o i vasi epigastrici superiori o le perforanti arteriose nel lembo.
Inoltre, non è consigliata in caso di pazienti diabetiche, fumatrici ed obese perché, avendo una circolazione compromessa, presentano lembi della parete addominale poco vascolarizzati.
Questa metodica consiste nel trasferimento di un lembo libero TRAM (che include una piccola porzione di muscolo retto e il peduncolo vascolare costituito dall'arteria epigastrica inferiore profonda), dalla regione addominale alla regione mammaria mediante una rivascolarizzazione microchirurgica.
Non è indicata per pazienti fumatrici, obese, diabetiche o per pazienti precedentemente sottoposte ad interventi chirurgici in cui siano state sezionate le arterie toraciche interne o i vasi epigastrici superiori o le perforanti arteriose nel lembo.
Questa tecnica ha lo svantaggio di comportare la perdita del muscolo retto e un indebolimento della parete addominale con conseguente rischio di ernie addominali.
La ricostruzione mammaria mediante tecnica DIEP (deep inferior epigastric perforator) rappresenta una delle metodiche più recenti di ricostruzione con tessuto autologo.
Questa tecnica consiste nel prelevare dall'addome la cute, il sottocute, il tessuto adiposo ed i vasi sanguigni, risparmiando il muscolo retto dell'addome, senza quindi determinare un indebolimento della funzione muscolare e contenitiva della parete addominale come invece accade con il lembo TRAM.
Questa tecnica chirurgica non è indicata per pazienti diabetiche, fumatrici o con patologie vascolari a causa delle piccole dimensioni dei vasi utilizzati per nutrire il lembo.
La ricostruzione mammaria con lembo SIEA (superficial inferior epigastric artery and vein) è simile alla precedente da cui si differenzia per il fatto che l'irrorazione arteriosa ed il deflusso venoso del lembo SIEA avvengono mediante i vasi superficiali dell'arteria epigastrica inferiore sottostanti la superficie cutanea.
La ricostruzione con lembo S-GAP (superior gluteal artery perforator flaps) è una tecnica molto utile per la ricostruzione post-mastectomia, soprattutto nei casi in cui è necessario procedere ad una ricostruzione bilaterale delle mammelle.
Questa metodica consiste nel trasferimento di un lembo prelevato dalla regione glutea superiore e consente di ottenere un peduncolo vascolare molto più lungo rispetto a quello ricavabile con l'inclusione del muscolo nel lembo, permettendo al chirurgo, nella fase microchirurgica, un'anastomosi più agevole ed evitando innesti di vena.
La ricostruzione con lembo S-GAP è indicata nei casi di mancanza di sufficiente tessuto addominale per cause naturali (pazienti magre) o iatrogene (pregressa addominoplastica). Essa tuttavia è scarsamente praticata perché tecnicamente molto complessa.
La dissezione del lembo SIEA non intacca né il muscolo retto né la fascia muscolare , ma richiede una maggiore abilità chirurgica, in quanto il peduncolo vascolare isolato sarà costituito da vasi di calibro inferiore a quelli isolati nel lembo DIEP.
Questa tecnica ha un’applicazione limitata poiché spesso il peduncolo vascolare del lembo SIEA è di scarsa qualità e non permette una corretta sutura microchirurgica.
Il lembo TUG (transverse upper gracilis) è un lembo libero muscolocutaneo ricavato dal muscolo gracile della coscia. Il peduncolo vascolare di questo lembo è costituito dal ramo ascendente dell'arteria femorale profonda e dalla vena corrispondente.
La ricostruzione con lembo TUG è indicata per pazienti che hanno avuto in precedenza un intervento di addominoplastica o che, essendo state sottoposte ad altre procedure interessanti la parete addominale, si vedano preclusa la possibilità di utilizzo di questi tessuti per la creazione di lembi TRAM da trasportare nella sede della mastectomia.
Essa è inoltre indicata per pazienti molto magre o sportive che non presentano abbastanza grasso sottocutaneo addominale per essere candidate ad un SIEA o un DIEP.
Infine, questa tecnica è spesso preferita dalle pazienti che rifiutino cicatrici a livello addominale, della schiena o dei glutei o che vogliano, contestualmente all'intervento di ricostruzione mammaria, eseguire anche un lifting delle cosce. Questa metodica non è invece consigliata nelle ricostruzioni di mammelle larghe e cadenti, a causa delle piccole dimensioni del lembo utilizzabile.
La ricostruzione dell’areola e del capezzolo è una fase essenziale della ricostruzione mammaria perché serve a conferire alla mammella operata un aspetto naturale e a minimizzare un’eventuale asimmetria mammaria. Deve essere eseguita non prima di 3 mesi dalla ricostruzione della mammella, indipendentemente dalla metodica chirurgica utilizzata.
La scelta della tecnica dipende da diversi fattori tra cui la posizione del rilievo mammario ricostruito, il colore e le caratteristiche della cute areolare e la proiezione e dimensione del capezzolo.
Le tecniche di ricostruzione del capezzolo utilizzano o una parte del capezzolo controlaterale o innesti compositi (piccole labbra vulvari, lobolo auricolare, polpastrello) o lembi locali.
Le tecniche di ricostruzione dell’areola prevedono l’utilizzazione dell’areola controlaterale o di cute prelevata da altre regioni corporee (grandi labbra, regione retrauricolare, palpebre superiori, porzione mediale del solco gluteo, regione supero-interna della coscia) o il tatuaggio.
Quest’ultima metodica è spesso preferita perché di semplice esecuzione. Il tatuaggio viene eseguito in regime ambulatoriale e richiede diverse sedute. Presenta una tendenza alla perdita di colore e può richiedere successivi ritocchi dovuti all’assorbimento dei pigmenti da parte dell’epidermide. Talvolta può essere necessario tatuare anche l’areola controlaterale per ottenere un colore più omogeneo.
L’intervento di ricostruzione mammaria viene eseguito in anestesia generale e richiede alcune notti di ricovero. Al termine dell’intervento vengono applicati dei drenaggi in aspirazione.
Prima dell’intervento l’anestesista eseguirà un’accurata visita pre-operatoria e prescriverà un elenco di esami tra cui:
La complessità e la durata dell’intervento di ricostruzione mammaria dipende ovviamente dalla tecnica chirurgica prescelta.
Il periodo di ricovero può variare da 4 a 7-10 giorni ed è strettamente correlato alle condizioni di salute della paziente e al tempo di permanenza dei drenaggi.
La ricostruzione mammaria con protesi prevede dei tempi di recupero più brevi rispetto alla ricostruzione con tessuto autologo, ma necessita generalmente di una pluralità di procedure (posizionamento dell’espansore, riempimento dell’espansore e sostituzione con la protesi definitiva).
Durante la fase di riempimento dell’espansore mammario, che viene effettuata 1-2 volte a settimana fino al raggiungimento del volume desiderato, la paziente può mantenere le sue normali abitudini di vita.
Dal terzo giorno successivo all'intervento di sostituzione dell’espansore con la protesi definitiva la paziente può tornare a svolgere una vita normale evitando l’esposizione al sole o a temperature eccessive (sauna e bagno turco) e lo svolgimento di attività faticose.
Dopo 4-5 giorni si può riprendere la propria attività lavorativa se non eccessivamente faticosa. A tre settimane dall’intervento chirurgico si può tornare a svolgere progressivamente tutte le normali attività compresa quella sportiva.
In caso di ricostruzione mammaria con tessuto autologo la paziente può tornare a svolgere una vita normale, purché non troppo impegnativa, dopo circa 2 settimane dalla sua dimissione.
Non è veramente possibile quantificare in maniera corretta e precisa, senza fare una visita della paziente, il costo complessivo di una ricostruzione mammaria.
Nella ricostruzione mammaria post tumore mammario sono Infatti necessari spesso più interventi chirurgici, per completare l'iter ricostruttivo. Per dare un'idea di quelli che possono essere i costi di una ricostruzione mammaria si può pensare ad un range prezzo compreso fra gli 8.000 € e 30.000 €.
Questo dato però è veramente indicativo per comprendere un po' tutte le categorie e le problematiche ricostruttive nel tumore della mammella.
D. Cos'è la ricostruzione del seno?
R. La ricostruzione del seno è un intervento chirurgico volto a ricostruire la forma, l'aspetto e il volume del seno dopo una mastectomia o una lumpectomia. Può essere eseguita utilizzando protesi mammarie o tessuto autologo (tessuto prelevato da altre parti del corpo della paziente).
D. Quando posso sottopormi alla ricostruzione del seno?
R. La ricostruzione del seno può essere eseguita contemporaneamente alla mastectomia (ricostruzione immediata) o in un secondo momento (ricostruzione differita), a seconda delle condizioni mediche della paziente, del trattamento oncologico e delle preferenze personali.
D. Quali sono le opzioni disponibili per la ricostruzione del seno?
R. Le opzioni principali sono:
D. La ricostruzione del seno può influire sul mio trattamento oncologico?
R. In genere, la ricostruzione del seno non interferisce con la chemioterapia o la radioterapia. Tuttavia, in alcuni casi, la ricostruzione differita potrebbe essere preferibile per non ritardare il trattamento oncologico.
D. Quali sono i rischi associati alla ricostruzione del seno?
R. Come per qualsiasi intervento chirurgico, la ricostruzione del seno comporta alcuni rischi, tra cui infezioni, ematomi, problemi di guarigione delle ferite, complicanze legate agli impianti (come rottura o contrattura capsulare) e complicanze legate ai lembi (come necrosi del tessuto).
D. La ricostruzione del seno ripristina la sensibilità del seno?
R. La sensibilità del seno ricostruito può essere parzialmente o completamente persa, soprattutto nel caso di ricostruzione con impianti. Con il tempo, è possibile che si verifichi un certo grado di recupero della sensibilità, ma generalmente non sarà come prima della mastectomia.
D. Quanto tempo richiede il recupero dopo una ricostruzione del seno?
R. Il tempo di recupero varia a seconda del tipo di intervento. In generale, il recupero può durare da poche settimane a diversi mesi. La ricostruzione con tessuto autologo tende a richiedere un tempo di recupero più lungo rispetto alla ricostruzione con impianti.
D. La ricostruzione del seno è coperta dall'assicurazione sanitaria?
R. In molti Paesi, la ricostruzione del seno dopo mastectomia è coperta dall'assicurazione sanitaria, poiché è considerata una parte essenziale del trattamento del cancro al seno. È importante verificare con la propria compagnia di assicurazione per confermare la copertura.
D. Posso scegliere di non sottopormi alla ricostruzione del seno?
R. Sì, la ricostruzione del seno è una scelta personale. Alcune donne scelgono di non sottoporsi a ricostruzione e optano per alternative come l'uso di protesi esterne o non ricostruire affatto. La decisione dovrebbe essere basata su preferenze personali, salute generale e consultazioni con il team medico.
D. La ricostruzione del seno richiede interventi chirurgici successivi?
R. Spesso, la ricostruzione del seno richiede più di un intervento per perfezionare i risultati, come la simmetrizzazione del seno opposto, la ricostruzione del capezzolo e la revisione delle cicatrici. È possibile che siano necessari interventi di revisione nel tempo.
D. Quali risultati estetici posso aspettarmi dalla ricostruzione del seno?
R. I risultati estetici variano a seconda delle tecniche utilizzate, della forma e delle dimensioni del seno originale, e delle preferenze individuali. Anche se il seno ricostruito non sarà esattamente come quello naturale, l'obiettivo è ottenere un aspetto che sia soddisfacente per la paziente.
D. Quali sono i nuovi sviluppi o tecniche avanzate nella ricostruzione del seno?
R. Le nuove tecniche includono l'uso di grasso autologo (lipofilling), miglioramenti nelle protesi mammarie, microchirurgia avanzata per i lembi, e tecniche di conservazione del capezzolo. La ricerca continua a sviluppare metodi per migliorare i risultati estetici e funzionali della ricostruzione del seno.
Articolo scritto dal Professor Mario Dini medico chirurgo Laureato all'Università degli Studi di Firenze e specializzato in Chirurgia Plastica Ricostruttiva ed Estetica presso l'Università degli Studi di Catania. Abilitato alla professione medica sia in Italia che negli U.S.A. e in Canada (Usmle). Già Primario del Reparto Universitario-Ospedaliero di Chirurgia Plastica del Centro Traumatologico Ortopedico (CTO) dell'Azienda Ospedaliera di Careggi e Professore Associato della Cattedra di Chirurgia Plastica Ricostruttiva ed Estetica dell'Università degli Studi di Firenze. Mario Dini ha partecipato a tirocini e aggiornamenti presso la Thomas Jefferson University di Philadelphia, l'Università di Porto Alegre in Brasile e l'Università di Parigi. Il Prof. Mario Dini ha all'attivo oltre 12000 interventi chirurgici e autore di oltre 160 pubblicazioni.